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RACCONTATECI DI UN'ANTICA SPERANZA | Aficionados

C’è un grande problema nei nostri tempi quando si è di fronte al dramma e al dolore: l’ideologia è sempre pronta a ficcare il proprio naso per inquinare la realtà nella visione più integrale. Solo pochi giorni dal ritrovamento del corpo senza vita di Giulia Cecchettin e già “l’intellighenzia” del paese ha aperto i propri pulpiti. Per non parlare degli aberranti eserciti mediatici, a conduzione di influencer da quattro soldi, pronti a fare guerra ad un nemico convenzionalmente imposto. In questo caso il “maschio” brutto, violento e cattivo.



Il caso di Giulia, assassinata dal proprio ragazzo Filippo, è una faccenda che addolora tutti. La violenza, la risposta sbagliata che diamo al nostro cuore misero e incapace di amare. E’ la depravazione del nostro desiderio di felicità. Ancor peggio, tale situazione viene accentuata all’interno di una relazione: perché quando si è incapaci di giudicare questo desiderio si finisce con il pretendere che la risposta alle nostre insicurezze, paure e infelicità sia un'altra persona che arbitrariamente scegliamo (nella maggior parte dei casi la propria fidanzata, ma anche il proprio fidanzato…). E’ evidente (ma nessuno ne parla) che i motivi di tale gesto sono da ricercare in un disagio umano che attanaglia l’intera società moderna. In una mancanza di senso del proprio destino e del destino dell’altro. Nell’assenza di amore alla libertà dell’altro. Incoscienti di quello che siamo, è naturale che dinanzi ad un rifiuto nasce l’ira e la vendetta, diretti effetti di una concezione di possesso del proprio partner.


C’è solo un modo per sfuggire a tale concezione distorta del proprio desiderio e delle persone che ci stanno intorno: un’amicizia che educa al Vero! Un’amicizia in grado di educare al vero valore dell’amore, che non sta in un possesso, ma in una devota distanza per rispetto del destino altrui. La nostra esperienza ci ha sempre insegnato che per amare, bisogna lasciar andare. Bisogna essere innamorati della felicità dell’altro, non di quanto l’altro soddisfi i miei piaceri. Ma la radice di questo amore non può originare da un’educazione studiata a tavolino (con buona pace dei corsi di educazione sessuale a scuola), è il frutto di un’intera cultura che travolge la società. Nel Medioevo, esistevano i cavalieri: uomini forti, muscolosi, dediti al combattimento e alla difesa dei più deboli. Oggi tale categoria costituisce un’eresia al modello di uomo che i benpensanti stanno cercando di imporci: debole e colpevole di tutto ciò che gli si può additare. Ma la verità è che nel Medioevo grazie al codice cavalleresco, le donna era una “dama”, ovvero una signora da rispettare (Per approfondire: Roberto Marchesini - Codice cavalleresco per l'uomo del terzo millennio, 2017, SugarCo). Oggi che abbiamo etichettato quei secoli come “bui” e “violenti”, e la nostra società come “moderna” e “avanzata”, cosa abbiamo guadagnato? Omuncoli frignoni che assassinano le proprie mogli.


Risparmiateci dunque le prediche banali e riluttanti di questi giorni sull’importanza dei corsi a scuola e su quanto siano brutti e cattivi i maschi di questo paese. Giorgio Gaber, genio indiscusso del cantautorato italiano, direbbe: «Non insegnate ai bambini / Non insegnate la vostra morale / È così stanca e malata / Potrebbe far male». Cosa fare per cambiare le cose? Lasciamo che ci risponda sempre quel genio di Gaber: «Ma se proprio volete / Raccontategli il sogno di / Un'antica speranza.». Parliamo di questa antica speranza, di quell’uomo che ha voluto morire su una croce per amore dei propri amici anche se lo avevano rifiutato. Torniamo a guardare al mondo delle virtù, come quello delle dame e dei cavalieri, più che al mondo delle views, di influencer e tiktoker. Raccontiamo ai bambini storie di grandi avventure come i racconti di Tolkien e di Lewis. Ah, infine: spegnete il televisore e tenete lontano i vostri figli dalle femministe!


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