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Ungaretti: l'alternativa di un cuore dinanzi al dolore

Articolo di Arcangela D'Andrea

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Ieri 1° giugno 2020 si sono celebrati cinquant’anni dalla morte di Giuseppe Ungaretti, poeta che cantò meglio di chiunque altro la bellezza della vita anche nel mare di sofferenza in cui l’ha conosciuta.

Centrale nella vita di Ungaretti è il tema della guerra, affrontato mai banalmente, tanto da intitolare la raccolta contenente poesie di guerra, ‘’L’Allegria’’.


Battersi al fronte, prima italiano e poi francese, è per Ungaretti un’esperienza di vita decisiva che sarà per lui devastante. Trascina con sé la passione per la poesia anche in trincea, tra fucili, spari e cadaveri di compagni al suo fianco. Ed è probabilmente la poesia che lo tiene ancorato alla domanda di senso che cerca dinanzi agli orrori della guerra. Leggiamo in una sua poesia intitolata ‘’Perché?’’:


Il mio cuore vuole illuminarsi

come questa notte

almeno di zampilli di razzi


Reggo il mio cuore

che s’incaverna

e schianta e rintrona

come un proiettile

nella pianura

ma non mi lascia

neanche un segno di volo


Il mio povero cuore

sbigottito

di non sapere


È il grido di un uomo come tanti che di fronte alla sofferenza, alla fragilità dell’esistenza cerca una risposta. Cerca il senso di tutto, anche della morte che per anni vede costantemente al suo fianco. Tutto il dolore che la vita, quasi sadicamente, gli dispiega dinanzi agli occhi non ferma il suo cuore, il suo desiderio di Dio che mai nega a se stesso ma fortifica con il passare degli anni. Ungaretti, infatti, cresce in un ambiente cristiano sano dato dalla fede della madre ma ben presto se ne distacca. Ma è proprio l’esperienza della guerra a provocarlo così tanto da chiedersi ‘’Perché bramo Dio?’’ (‘’Dannazione’’).

È un esempio di uomo che vuole restare uomo anche dinanzi a tutte le ferite che queste domande accentuano perché non ricevono apparentemente risposta e quanto più sperimenta la bruttura della guerra tanto più celebra la bellezza e la grandezza della vita.

Finita la guerra, nel 1928 si reca nel Monastero di Subiaco e proprio lì sperimenta la risposta che cerca; inizia il suo cammino di conversione all’età di quaranta anni circa. Si compie così ciò che in una sua poesia, composta al fronte, afferma:


SERENO

Bosco di Courton luglio 1918


Dopo tanta

nebbia

a una

a una

si svelano

le stelle


Respiro

il fresco

che mi lascia

il colore del cielo


Mi riconosco

immagine

passeggera


Presa in un giro

immortale

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